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mercoledì 16 aprile 2008

Lo sviluppo delle community aziendali come strategia di business

“Una comunità virtuale o comunità online è un insieme di persone interessate ad un determinato argomento comune che corrispondono tra loro attraverso una rete telematica, oggigiorno in prevalenza Internet. Tale aggregazione non è necessariamente vincolata al luogo o paese di provenienza; essendo infatti questa una comunità online, chiunque può partecipare ovunque si trovi con un semplice accesso alle reti, lasciando messaggi su forum (in inglese Bullettin Board) o attraverso le chat room e programmi di instant messaging (messaggistica istantanea) come ebuddy, MSN Messenger, Yahoo! Messenger, ICQ e altri.”.Fonte: WikipediaIl tema delle “community” è uno dei più ricorrenti nel Web degli ultimi anni. Non si tratta di una novità, basta ricordare il testo di Howard Rheingold, The virtual community: homesteading on the electronic frontier, del 1994, per rendersi conto che le comunità virtuali affondano le loro radici negli albori di Internet.La novità è data dall'interesse manifestato in questi utlimi anni da milioni di navigatori che hanno dimostrato di amare realtà come YouTube, Flickr, MySpace, LinkedIn, Neurona, Xing, Facebook... un vero e proprio fenomeno di massa che ha visto nell'acquisizione di YouTube da parte di Google per 1,65 miliardi di dollari lo scatenarsi di una vera e propria “corsa” all'acquisto dei social network più promettenti. Se questa acquisizione, avvenuta nell'ottobre 2006, sembrava eclatante, cosa si può dire del recente investimento fatto da Microsoft: 240 milioni di dollari per l'1,6% di Facebook? Ciò significa che la stima complessiva del valore della community fondata da Mark Zuckerberg (un ragazzo del 1984) è pari a 15 miliardi di dollari!Che i colossi dell'informatica e della Rete abbiano molti soldi non ci sono dubbi, questo non significa che amino buttarli in investimenti assurdi, anzi, la storia insegna che Bill Gates e soci i conti li sappiano fare piuttosto bene.Quindi, le community sono davvero una risorsa da cui attingere nuove opportunità di business? Ha senso sviluppare nuove comunità virtuali oppure è più interessante utilizzare quelle esistenti? Quali vantaggi possono offrire queste realtà alle aziende italiane?Il tema è certamente complesso ma alcune riflessioni possono essere sviluppate pensando proprio al mercato italiano, piccolo e piuttosto statico dal punto di vista della Rete nella sua globalità.Il primo elemento da tenere in considerazione per lo sviluppo di una comunità virtuale è la componente linguistica. Bisogna prendere atto che l'italiano rappresenta una lingua marginale, per creare modelli di business ambiziosi bisogna muoversi verso la lingua inglese, spagnola o, con caratteristiche molto diverse, cinese, indubbiamente i più grandi bacini di utenti Web esistenti.Una seconda valutazione nasce dalla peculiarità principale del mondo imprenditoriale italiano, l'assoluta predominanza di piccole e medie imprese.Una terza considerazione può essere fatta pensando che, per le PMI italiane, il Web 2.0 può essere un ottimo veicolo di propagazione del proprio brand e dei propri prodotti semplicemente andando a cogliere le potenzialità delle community esistenti.Come ultimo elemento da tenere in forte considerazione vi è la necessità di valutare con molta attenzione i social network sui quali si ritiene interessante intervenire. Di community on-line ne nascono moltissime ogni mese ma solo poche riescono a superare la soglia di attenzione dei navigatori.Sulla base di queste valutazioni è possibile affermare che un percorso di avvicinamento al mondo dei social network è possibile con investimenti molto limitati ma è necessario avere una strategia chiara e ben delineata.In questo senso, il concetto di ecosistema digitale, più volte trattato su questa testata, può costituire una risposta valida alle esigenze delle aziende e, in generale, di ogni realtà che abbia l'esigenza di rendersi visibile nel mare del Web.Il principale vantaggio che si può ottenere nel partecipare a una community on-line consiste nell'elevata efficienza della comunicazione derivante dal fatto che ci si trova in uno spazio dove si condividono i propri interessi con molte altre persone. Ogni community ha le sue peculiarità che vanno rispettate ma è davvero facile, pubblicando contenuti di qualità, riuscire a ottenere un po' di attenzione.Nel caso di un'azienda che abbia un minimo di storia (e in Italia ce ne sono davvero tante), un primo approccio al concetto di ecosistema digitale consiste nell'analizzare quali sono i contenuti informativi adatti ad essere pubblicati, per esempio, per citare due casi noti a tutti, su YouTube e Flickr. Quanti armadi polverosi sono pieni di documenti dimenticati che potrebbero trovare nuova vita? Immagini di prodotti, progetti, persone, strutture, filmati aziendali, interviste, spot promozionali... sono tutti elementi che, opportunamente digitalizzati e classificati, possono rappresentare "esche" da immettere in Rete laddove vi sono milioni di navigatori che hanno qualche probabilità di trovarle e, attraverso esse, arrivare a conoscere un certo sito aziendale.Va da sè che la qualità dei contenuti e del sito aziendale in particolare devono essere tali da creare realmente interesse, in caso contrario si otterrebbe un effetto boomerang davvero pericoloso.Innescare un processo di propagazione di un brand è un'attività non banale ma, con i dovuti accorgimenti, pianificabile e gestibile in modo tale da arrivare ad essere visibili sui motori di ricerca. I social network rappresentano occasioni di visibilità importanti che, oggi, le aziende italiane sfruttano in minima parte e, quando lo fanno, lo fanno in modo estemporaneo.Come insegna l'esperienza del lancio della FIAT 500, nella quale il Web ha svolto un ruolo davvero importante, più che i soldi servono le idee!

1 commento:

Anonimo ha detto...

Good for people to know.